Travel Experience

24.12.2020
Rapa Nui
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Perdonatemi la parafrasi ma oggi il mio viaggio è una sorpresa, perché vi porto all’isola di Pasqua. Partito con un tour specifico da Mataveri, l’aeroporto “più remoto del mondo”, a 3.759 chilometri da Santiago del Cile sono atterrato ad Hanga Roa, la capitale. Qui ho trovato da subito un’isola selvaggia, fuori dal mondo e con il mistero apparente del nome, che però è davvero di semplice spiegazione. Venne scoperta dal comandante olandese Jacobn Roggeven nella domenica di Pasqua del 1722. Devo dire che io la conoscevo con il nome in lingua nativa, Rapa Nui, che significa “grande rapa”.
Sapendo che si trova nell’Oceano Pacifico a molte miglia dalle coste del Cile,  al contrario di quello che si potrebbe pensare in base alla posizione geografica, sono stati i polinesiani a colonizzare quest’isola e non i sudamericani, anche se erano più vicini.
Sull’isola ho potuto ammirare l’arte che gli antichi abitanti coltivavano, quella della scultura, osservando da vicino tante delle oltre 600 colossali statue di pietra presenti nell’isola, sono rimasto a mia volta impietrito dai moai, teste giganti che raggiungono un’altezza di oltre 12 metri e pesano 80 tonnellate ciascuna, il vero simbolo dell’isola.
Senza bisogno di nessuna bevanda alcolica una guida locale mi ha raccontato che le antiche popolazioni non avrebbero potuto in alcun modo realizzare opere così grandi sostenendo accalorato che non fossero opera umana ma di qualche civiltà aliena. Le caratteristiche dei volti raffigurati non assomigliano a nessuna popolazione terrestre. Con la leggenda in mente, il giorno dopo ho fatto la mia prima giornata a contatto col mare, scoprendo che a Rapa Nui il surf ha uno dei suoi luoghi di elezione. Con molto timore e parecchie cadute ho sfidato onde potenti, destre e sinistre, facendo attenzione ai fondali lavici, e facendo per una volta una discreta figura, ma rifiutando il giorno dopo di ripetermi con onde particolarmente impegnative. Una volta arrivato con la mia tavola a Mataveri e Tahai ho scelto una tavola più semplice, quella imbandita con cibo locale, un gustoso ceviche di tonno, scoprendo che loro il pesce lo lavano con l’acqua del mare, per poi guarnirlo con chips di patata dolce. Insomma con la tavola discreto in acqua e bravissimo a terra.

(Se l’hai perso leggi e ascolta l’approfondimento Travel Experience dedicato all‘isola di Santa Lucia)