Travel Experience

17.09.2025
Il Cammino di Santiago: l’arrivo e oltre
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Arrivare a Santiago non è come arrivare in una città qualsiasi. È come entrare nel luogo che stavi sognando da settimane, da mesi.

Cammini per stradine strette, senti il rumore dei bastoncini degli altri pellegrini, poi all’improvviso ti trovi in Plaza del Obradoiro. Davanti a te, la cattedrale. Imponente. Solenne. Con quella facciata che sembra dirti: “Benvenuto. Ce l’hai fatta.” Io mi sono fermato lì, in silenzio, e vi giuro che mi sono venuti i brividi.

Ogni pellegrino reagisce in modo diverso: c’è chi piange, chi ride, chi abbraccia la prima persona che incontra. Io ho semplicemente appoggiato lo zaino per terra e mi sono seduto. Non mi importava della foto, non mi importava di cosa avrei fatto dopo. Volevo solo guardare la cattedrale e pensare: “Sono arrivato.”

Ma il Cammino non finisce qui. Molti continuano fino a Finisterre, il “confine del mondo” per gli antichi. Lì i pellegrini bruciavano i vestiti, come simbolo di rinascita. Io non li ho bruciati – più che altro perché avrei rischiato di inquinare con il mio paio di scarpe distrutte – ma mi sono seduto sugli scogli a guardare l’oceano.

E ho pensato: “Il Cammino è finito… ma in realtà è solo l’inizio.” Perché, credetemi, il Cammino ti cambia. Ti lascia addosso qualcosa che continua a camminare con te, anche quando sei tornato a casa.