Segreti in tavola
C’è un’erba aromatica che attraversa i secoli e i continenti, capace di dividere i palati, ma anche di unire le culture in un abbraccio di sapori esotici e mediterranei: è il coriandolo. Le sue origini affondano nell’antichità più remota. Già noto agli Egizi, che lo utilizzavano sia come spezia sia per le sue proprietà medicinali, il coriandolo veniva citato persino nella Bibbia. I Romani lo amavano al punto da portarlo in tutte le province dell’Impero, compresa l’Italia, dove ancora oggi lo coltiviamo.
Il nome viene dal greco koris, che significa “cimice”, per via dell’odore forte e pungente delle foglie fresche, che non tutti gradiscono. Ma i semi, dal profumo agrumato e dolce, conquistano anche i più scettici. La pianta, della famiglia delle Apiaceae, è rustica e semplice da coltivare: ama i climi miti, cresce bene in pieno sole e non ha bisogno di cure particolari. In Italia viene coltivata soprattutto in Sicilia, Puglia e nelle Marche, dove si raccolgono sia le foglie giovani sia i semi maturi e secchi.
Dal punto di vista nutrizionale, il coriandolo è una piccola miniera di benessere: è ricco di antiossidanti, vitamina C, vitamina K e ferro. Ha proprietà digestive, antibatteriche e sembra aiutare anche nel controllo della glicemia.
In cucina è un alleato prezioso: nelle foglie troviamo un gusto fresco e agrumato, simile a quello del limone e della citronella, mentre i semi, una volta tostati, sprigionano un aroma caldo che ricorda l’arancio e la noce moscata. È protagonista nella cucina indiana, nordafricana e sudamericana, ma anche l’Italia lo utilizza, con discrezione ma sapienza.
In Basilicata i semi di coriandolo profumano la lucanica, uno dei salumi più antichi d’Italia. In Sicilia si aggiungono ai biscotti di San Martino, e in alcune aree delle Marche lo si ritrova nella concia per le olive verdi.
Un’erba che parla tante lingue e racconta storie antiche, fatta per chi ama viaggiare… anche solo restando in cucina.