Segreti in tavola

18.09.2025
Gli archetti nel calice, ci dicono davvero qualcosa? ce lo spiega Maurizio Dattero
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Quando si fa roteare un calice di vino, lungo le pareti compaiono delle goccioline che scendono lentamente formando i cosiddetti “archetti” o “lacrime”. Da sempre affascinano sommelier e appassionati, al punto da essere interpretati come segni della qualità del vino.

La spiegazione scientifica viene dalla fisica dei fluidi: l’evaporazione dell’alcol, più volatile dell’acqua, crea una differenza di tensione superficiale che spinge il liquido verso l’alto e lo fa ricadere in gocce. Questo fenomeno è noto come effetto Marangoni.

Dal punto di vista enologico, gli archetti sono spesso associati a due fattori: la gradazione alcolica: più il vino è ricco di alcol, più gli archetti saranno numerosi e persistenti e la glicerina: la presenza di glicerolo (sostanza naturale prodotta durante la fermentazione) dona al vino una consistenza più viscosa e archetti più lenti, legati alla sensazione di morbidezza al palato.

Oggi sappiamo che non sono un indicatore assoluto di qualità, ma offrono comunque indizi sulla struttura e sulla consistenza del vino, unendo scienza e suggestione.