Segreti in tavola

28.07.2025
Custodi del Lambrusco: Alicia Lini ci svela i segreti del Lambrusco Reggiano DOC 
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Nel cuore dell’Emilia, tra i filari che ondeggiano tra Modena e Reggio, c’è un gruppo di produttori che ha deciso di cambiare il destino di un vino troppo spesso raccontato con leggerezza. No, non si tratta di un ritorno nostalgico al passato né di un’operazione di marketing alla moda. È una rivoluzione gentile, che nasce dal basso, dalla terra, dalle mani di chi il vino lo fa davvero, ogni giorno. Si chiamano Custodi del Lambrusco. Ventisette realtà diverse per storia, dimensione e stile, ma unite da un sogno comune: restituire al Lambrusco la sua vera identità. Un’identità fatta di freschezza, certo, ma anche di profondità, di lavoro artigianale, di rispetto per la terra e per la cultura che lo ha generato.

A guidarli è un Manifesto. Non un elenco di regole, ma un patto condiviso, una voce corale che dice: “Siamo custodi dell’essenza più pura del Lambrusco.” Un “siamo” che racconta appartenenza, energia, visione. Perché questo vino non è banale, e non vuole più essere raccontato come tale. È versatile, sorprendente, a tratti persino complesso. È un vino capace di parlare al presente, con uno sguardo saldo sul futuro. 

In questa puntata Alicia Lini, quarta generazione della cantina Lini 910, fondata nel 1910 da Oreste Lini a Correggio (RE), nel cuore dell’Emilia-Romagna ci svela i segreti del Lambrusco prodotto con il metodo classico. L’azienda, infatti, si distingue per la sua visione innovativa nel mondo del Lambrusco: accanto al tradizionale metodo Charmat (autoclave), è una delle poche realtà emiliane ad avvalersi del metodo classico – ossia rifermentazione in bottiglia – fin dagli anni ’60, realizzando Lambruschi e spumanti di grande struttura e longevità.

I Custodi non vogliono conservare un’immagine sbiadita, ma trasformare la percezione di un vino spesso sottovalutato. Credono in una filiera responsabile, nella qualità che nasce in vigna, nella sperimentazione e nella cultura del confronto. E sanno che il Lambrusco può diventare ambasciatore di un cambiamento più ampio, culturale, collettivo.

Per questo lavorano insieme, intrecciano relazioni, costruiscono nuovi strumenti di racconto, portano il Lambrusco fuori dai suoi confini abituali. Vogliono farlo conoscere per ciò che è davvero: un vino contemporaneo, vivo, autentico. Dicono: “Il Lambrusco è tante storie belle e possibili, non fermiamoci alla prima.” E allora alziamo i calici, con la consapevolezza che questa non è solo una nuova pagina per un vino, ma per tutto un territorio. E per chi ha ancora il coraggio di crederci.