Segreti in tavola

19.10.2025
Domenico Villani ci svela i segreti della Raclette, il calore del formaggio e delle Alpi
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C’è un profumo che racconta le montagne meglio di qualsiasi cartolina: quello del formaggio fuso. È il profumo della Raclette, un piatto che nasce tra le valli della Svizzera francese, nel Canton Vallese, e che da secoli scalda le serate d’inverno di pastori e viandanti.

 

Tutto comincia attorno al fuoco. I pastori, dopo una giornata nei pascoli, avvicinavano una mezza forma di formaggio al calore della fiamma: la superficie si scioglieva lentamente, dorandosi e diventando morbida e cremosa. Con un coltello si “raclette”, cioè si raschiano — da qui il nome — le parti fuse, che venivano poi adagiate su patate bollite, accompagnate da cetriolini, cipolline sottaceto e, naturalmente, un bicchiere di vino bianco del Vallese.

 

Il formaggio protagonista è la Raclette du Valais AOP, a pasta semidura, prodotta con latte crudo di vacca. Ha un gusto deciso ma equilibrato, con note di nocciola e latte cotto, perfetto per fondersi senza mai diventare troppo filante. Oggi esistono varianti anche francesi e svizzere “moderne”, ma il cuore autentico della raclette resta quello dei pascoli d’altura.

 

Oggi la Raclette è diventata un vero rito conviviale: si prepara con un apposito fornelletto elettrico, che permette a ciascuno di sciogliere la propria fetta di formaggio direttamente al tavolo, da versare poi su patate, pane o verdure grigliate.

 

È un piatto che non si mangia da soli: si condivide, si aspetta insieme che il formaggio si sciolga, si brinda, si ride. Perché, in fondo, la Raclette non è solo una ricetta: è un gesto di calore umano, una fiamma che unisce, proprio come accadeva un tempo tra i monti del Vallese.