Scopriamo i segreti della ceramica di Nove con Raffaella Campagnolo

Scopriamo i segreti della ceramica di Nove con Raffaella Campagnolo
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Molteplici sono stati i fattori che sin dal XVIII secolo hanno favorito la nascita e lo sviluppo dell’arte ceramica a Nove (Vicenza). Tra questi la presenza nel sottosuolo di argilla plastica, saldame e caolino e la possibilità di sfruttare il fiume Brenta sia per trasportare i prodotti finiti e il legname per i forni, sia per azionare con la sua forza idraulica e mulini per miscelare gli imposti e macinare i ciottoli reperiti nel fiume stesso.

Nel XVIII secolo la crescente richiesta e la diffusione in Europa delle preziose porcellane cinesi indusse i ceramisti olandesi ad imitarne la lavorazione invadendo anche i mercati della Serenissima. Il Senato veneziano tentò di porvi rimedio stimolando la produzione interna con agevolazioni fiscali per chi fosse riuscito a produrre porcellane e a migliorare le maioliche. Il momento era favorevole per Giovanni Battista Antonibon il quale aprì nel 1727, nella vecchia casa paterna a Nove, quella che sarebbe diventata la più importante fabbrica di ceramiche della Repubblica Veneta.

Nel 1732 la Manifattura Antonibon ottenne il privilegio dal Senato di essere esente da tutti i dazi per venti anni. Pasquale Antonibon, che successe al padre nel 1738, nel 1762 riuscì in un’altra impresa importante: la produzione della porcellana. Sempre in quegli anni (1770) si diffuse in Italia la terraglia, un impasto ottenuto in Inghilterra fin dal 1725, che per la bianchezza e il basso costo aveva causato un’inaspettata concorrenza alle maioliche e alle porcellane italiane: ancora una volta la Manifattura Antonibon, condotta da Giò Maria Baccin, nel 1768 riuscì ad ottenere un imposto perfettamente imitante quello inglese.

All’ inizio dell’Ottocento, nonostante la grave crisi politico-economica, alcune manifatture novesi riuscirono a prosperare proprio grazie alla terraglia; si rinunciò alla produzione di lusso destinata ai nobili ormai decaduti e si puntò su una vasta clientela, anche se più modesta, a cui si destinarono nuovi soggetti e tecniche: nacquero così le ceramiche popolari.

Verso il 1860-1865 si affiancò un altro genere, definito Artistico o Aulico o Neorococò forse stimolato dal desiderio di confrontarsi con gli straniere alle varie Esposizioni Internazionali. Nei primi decenni del 1900 è all’Istituto d’Arte di Nove che viene segnata la fine l’eredità ottocentesca in favore dello stile Novecento.

Museo Civico della Ceramica di Nove
Nove, comune del Vicentino, attraversato dal Brenta ai confini con Bassano del Grappa e Marostica, famoso sin dal Settecento per la produzione di ceramiche artistiche, ha inaugurato nell’aprile del 1995 il Museo della Ceramica.

Ricavato nell’elegante sede di Palazzo De Fabris, che fino a qualche anno fa ospitava il locale Istituto d’Arte per la Ceramica, il Museo vuole proporsi come luogo di studio e di incontro per quanti vogliono conoscere o approfondire l’arte della ceramica.

La collezione, ripartita per epoche, documenta ampiamente la storia della ceramica veneta, novese e vicentina in particolare, dal ‘700 ai nostri giorni, oltre a presentare alcuni interessanti oggetti di epoche precedenti.

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