E’ la temperatura a cui avviene l’ossidazione e la conseguente degradazione dell’olio. Cosa significa? Quando scaldiamo un olio, ad una certa temperatura la glicerina si stacca dagli acidi grassi e si producono i fumi tossici in modo continuo. E più la temperatura è alta, più l’ossidazione è veloce, e vengono prodotte le sostanze volatili, che sono molto nocive, come l’acroleina. Quindi quello che conta in un olio è la sua stabilità, cioè la sua capacità di non degradare.
Facciamo qualche esempio! La temperatura ideale per una frittura è di circa 180°C: se è più bassa il cibo si impregna di olio, se è più alta si rischia di bruciarlo velocemente. Per una frittura corretta, è quindi importante che l’olio scelto abbia un punto di fumo superiore alla temperatura di cottura.
L’olio di mais o quello di soia, ricchi di acidi grassi polinsaturi, si degradano più rapidamente dell’olio di oliva, di nocciole o di arachidi, ricchi di acidi grassi monoinsaturi e composti in prevalenza da acido oleico. Sono ancora più stabili gli oli che contengono molti grassi saturi come l’olio di palma o lo strutto. Il cui consumo eccessivo, però, può avere conseguenze negative sulla salute.
Il punto di fumo degli oli può variare molto, anche di 30 °C, in base al tipo e a come è stato purificato: più un olio è raffinato e più è alto il suo punto di fumo, perché contiene solo trigliceridi senza impurezze che si degradano a temperature più basse di quelle di frittura (170-180 °C).
Il punto di fumo di quello di mais (235 °C), ma l’olio di mais contiene circa il 60% di grassi polinsaturi ed è quasi privo di sostanze antiossidanti, quindi dovremmo evitare i cibi fritti in questo olio perchè più facilmente idrolizzabile ed ossidabile.
Ecco i segreti per scegliere friggere al meglio:
(Se l’hai perso leggi e ascolta l’approfondimento Segreti in tavola dedicato al libro Buono Sano Naturale)