#mangiamoitaliano – la Ciliegia di Raiano e di Giuliano Teatino

#mangiamoitaliano – la Ciliegia di Raiano e di Giuliano Teatino
PLAY

Avete mai assaggiato la ciliegia di Raiano e di Giuliano Teatino? Cominciamo col dire che sono frutti buonissimi ottenuti dalla coltivazione di diverse varietà di ciliegio dolce, che sono un prodotto agroalimentare tradizionale, ovvero un PAT e che ci troviamo in Abruzzo.
L’area di coltivazione interessa parte del territorio delle province di Chieti (Giuliano Teatino, Canosa Sannita, Ari, Torrevecchia Teatina) e dell’ L’Aquila (Raiano, Corfinio, Prezza). Nella zona di Giuliano Teatino le ciliegie venivano coltivate, fino alla fine degli anni ‘60 ma venivano destinate soprattutto all’industria dolciaria. Con il tempo la coltura è stata riconvertita con varietà da destinare al consumo fresco. Nella zona di Raiano, invece, la coltura è stata destinata al consumo del fresco fin dall’inizio del ‘900.

San Girolamo sosteneva che il ciliegio fu importato in Italia dall’Asia Minore ad opera di Licinio Lucullo, maestro di grande raffinatezza culinaria, dopo la terza guerra mitridatica. Questa pianta sarebbe originaria della città di Kerasunte (l’attuale Giresun), dal cui toponimo i romani ricavarono il nome del frutto e dell’albero, cerasum e cerasus. La fonte è senza dubbio autorevole, ma probabilmente le ciliege in Italia esistevano ancor prima dell’età classica come dimostrato da alcuni resti fossili rinvenuti in diversi scavi.
Nella zona abruzzese l’importanza economica della ciliegia, come del resto della frutta in genere, è comunque assai modesta fino alla fine dell’Ottocento e il consumo è riservato alle classi particolarmente abbienti o alla gente di campagna.

Le colture principali della zona erano i cereali e gli allevamenti zootecnici; a cui affiancavano, tra le colture arboree, la vite e il gelso, che fungeva spesso da tutore della vite e allo stesso tempo le sue foglie servivano come nutrimento per i bachi da seta, allevamento, come molti riportano, assai redditizio. Nei primi anni del Novecento la situazione mutò: la bachicoltura andò in crisi per il crollo dei prezzi della seta, il gelso, non più utile come tutore vivo della pianta, venne rapidamente sostituito da specie frutticole, per le quali si cominciava a manifestare una discreta richiesta. Un ruolo da protagonista, in questo rinnovamento, ebbero le cattedre ambulanti per l’agricoltura che, tra le colture arboree, promossero anche la coltura del ciliegio. L’Annuario Statistico dell’Agricoltura Italiana del 1952 riporta la produzione di ciliegie in Abruzzo, e con una cartina geografica ne evidenzia le zone di coltivazione che corrispondono a quelle attuali.
Se passate da quelle parti, queste sono proprio le ultime giornate per gustarle!

(Se l’hai perso leggi e ascolta l’approfondimento Segreti in tavola dedicato al pistacchio di Raffadali)

Ti potrebbero interessare